La Chiesa contro la tabula: storia reale di un’antica repressione ludica

Una partita di tric-trac. David Teniers the Younger, Antwerp, 1610 – Brussels, 1690

1. Introduzione: quando il potere teme i giochi

Da sempre, ogni potere autoritario ha una caratteristica: teme il tempo libero.
Il cristianesimo non fa eccezione.
Tra il IV e il VII secolo, la Chiesa sviluppa una crescente ostilità verso i giochi da tavolo, in particolare verso la tabula, antenata diretta del backgammon. Un gioco troppo sociale, troppo libero, troppo poco controllabile.


2. Il Sinodo di Elvira (306–309): la prima crociata contro il gioco

Il primo colpo ufficiale arriva dalla penisola iberica.
Il Canone 79 del Concilio di Elvira stabilisce:

Chi gioca a dadi (alea, gioco su tavola) venga escluso dalla comunione; se smette e si ravvede, potrà essere riammesso dopo un anno.

Non è un ammonimento morale, né una predica: è una sanzione ecclesiastica formale, il primo bando documentato contro i giochi da tavola nella storia cristiana.
Una norma che rivela l’ossessione precoce della Chiesa a regolare persino le attività più innocue e private.


3. Isidoro di Siviglia (VII sec.): l’ideologo della proibizione

Tre secoli dopo Elvira, l’enciclopedista più influente dell’Occidente cristiano, Isidoro di Siviglia, codifica culturalmente la condanna del gioco.

Nelle Etymologiae, Libro XVIII, scrive sezioni dedicate alla tabula, ai tesserae (dadi) e alla pratica dell’azzardo, includendo un capitolo esplicito: “De interdictione aleae”, cioè “Sull’interdizione del gioco d’azzardo”.

Isidoro non inventa un nuovo divieto: registra una tradizione ecclesiastica già consolidata, riconoscendo implicitamente che tali giochi erano considerati pericolosi, viziosi o comunque incompatibili con la morale cristiana del tempo.


4. Il Codice Giustinianeo (C. 3.43): quando il potere secolare sposa la morale religiosa

Il Codex Iustinianus, raccolta legislativa del VI secolo, contiene nel Libro III, Titolo 43 (De aleae lusu et aleatoribus) una regolamentazione dettagliata contro il gioco d’azzardo.

Le norme stabiliscono limitazioni, pene pecuniarie e perfino interdizioni professionali contro i giocatori.
Questa legislazione imperiale viene poi utilizzata dalla Chiesa medievale come fondamento giuridico e morale per rafforzare le proprie proibizioni.

Non è un testo teologico, ma è fondamentale perché mostra la convergenza tra potere civile e potere ecclesiastico nel disciplinare la vita quotidiana.


5. Penitenziali medievali: la sorveglianza del quotidiano

I penitenziali — manuali ecclesiastici tra VI e XI secolo — non regolamentano solo la sessualità o la liturgia, ma anche il gioco.

Diverse raccolte penitenziali prevedono penitenze per chi pratica giochi d’azzardo o giochi su tavola considerati “pericolosi”, “vanae occupationes” o “occasioni di peccato”.

Sono fonti cruciali perché documentano la prassi pastorale quotidiana, cioè come la Chiesa realmente controllava i comportamenti dei fedeli.


6. Il paradigma repressivo: perché vietare un gioco?

Il divieto della tabula non nasce da una profonda riflessione metafisica.
Nasce da un istinto di controllo.

  • Il gioco è socialità: crea reti, comunità spontanee.
  • Il gioco è tempo sottratto alla disciplina religiosa.
  • Il gioco è imprevedibilità, dunque esce dalla logica della norma.
  • Il gioco è libertà — e le gerarchie temono ciò che non produce obbedienza.

La Chiesa non temeva il peccato.
Temeva l’autonomia.

E colpire i giochi non era che un modo per educare alla sottomissione.


7. Conclusione: la tabula come atto di libertà

La storia del divieto del backgammon nelle tradizioni cristiane non è un dettaglio folcloristico: è un frammento della lunga battaglia tra istituzioni autoritarie e libertà individuale.

Oggi la tabula ci appare come un semplice gioco; ma nei secoli antichi, la sua pratica sfidava — per quanto innocuamente — il monopolio morale della Chiesa.

Un dado lanciato, una pedina avanzata sulla tavola, era un gesto che sottraeva un istante di vita all’autorità.
Non stupisce che sia stato proibito.


Fonti:

  • Concilio di Elvira, Canone 79 — testo e traduzioni disponibili (Dale; Miller).
  • Isidorus Hispalensis, Etymologiae, Lib. XVIII — sezioni “De tabula” e “De interdictione aleae”.
  • Codex Iustinianus, Lib. III, Tit. 43 — “De aleae lusu et aleatoribus”.
  • Hallebeek, J. — studio sull’origine della costituzione Alearum lusus.
  • Raccolte di penitenziali medievali (Penitentials.com; Penitential of Finnian).
  • Edizioni critiche moderne (Cambridge Early Christian Writings; edizioni accademiche delle Etymologiae).

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